Ho letto le prime 10-15 pagine d’un fiato, prima di Natale. Poi ho deciso che era troppo "angosciante" e l’ho lasciato a decantare un po’ sul comodino. Poi guarda oggi, guarda domani, la voglia di leggere è stata più forte, sai quella voglia che ogni volta che passi vicino a un libro senti una vocina che fa "Come andrà a finire? Non sei curiosa? Come si svolgerà questa storia? Quale coniglio salterà fuori dal cilindro dello scrittore stavolta?". E così ho ripreso la lettura ma… non so… quella cosa magica che scatta tra libro e lettore stavolta non c’è stata, forse è colpa mia che non riesco più a leggere storie in cui i protagonisti sono bambini che si trovano in situazioni limite, terribili, angoscianti. Anna è appunto una bambina, sola in un mondo di bambini, un mondo che ha cancellato adulti e progresso, dove ogni giorno si lotta per un pasto e per mantenere vivi i ricordi di quel che era il mondo prima che una terribile malattia spazzasse via tutto. Anna ha anche suo fratello a cui pensare, una grossa responsabilità ma al tempo stesso una grossa motivazione per andare avanti. Indubbiamente quando Ammaniti scrive di bambini lo fa bene. Non c’è retorica né perbenismo, sembra veramente il racconto di un bambino, però… però mi è sembrato che stavolta si sia un po’ perso nella trama, dei mille spunti che emergono non ne viene sfruttato nessuno, o almeno non completamente, lascia sempre una sensazione di non detto, non approfondito, persino nel finale che è molto libero, forse troppo.
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