Entro nella stanza inondata dal sole. L’odore di disinfettante è forte, dà quasi la nausea con questo caldo. Tu sei lì coperta da un lenzuolo, il respiro affannato, gli occhi chiusi, con le mani tormenti un angolo di stoffa, non hai mai potuto stare ferma con le mani. Mi siedo accanto a te, mi guardo intorno e mi rendo conto che è la prima volta, da quando sei qui, che vengo in camera tua e probabilmente sarà anche l’ultima. Scaccio il pensiero e guardo fuori dalla finestra. Sento le voci dei bambini che giocano al parco, vedo le persone che corrono, quante volte anch’io al parco con le bimbe, mi sono fermata a guardare in questa direzione pensando a te, che magari mi vedevi dalla finestra o magari no e anche se mi avessi visto non mi avresti riconosciuto, non mi riconoscevi mai ultimamente. Forse è per questo che sono venuta a trovarti così poco da quando sei qui. Dico che non ho mai tempo ma la verità è che mi fa male vederti e sapere che nella tua testa non ci sono più i ricordi di noi due, che sono confusi con altri. Ti prendo la mano e tu stringi, per un attimo un occhio si apre e cerca qualcosa, ma non mi vedi, non puoi vedermi, stato comatoso lo chiamano, ma non ha niente della calma che ti aspetteresti da un coma. La realtà è che stai morendo. E la cosa peggiore è che è giusto così. Non sei malata, no, hai semplicemente 90 anni. E per quanto la cosa possa farmi incazzare, so che io, al posto tuo, non vorrei aspettare un giorno di più. Non chiedermi allora perché adesso non riesco a smettere di piangere. È come se dentro di me si fosse aperta una diga. Sento che non riesco a smettere e non voglio, insieme alle lacrime stanno fluendo anche i ricordi, ricordi che non voglio chiudere da qualche parte, perché tanto poi lo so che troveranno il modo di uscire e lo faranno nel momento meno opportuno. E allora piango. Piango perché questa probabilmente è l’ultima volta che ti tengo per mano, perché di quella mano avrei ancora bisogno, perché toccarla è come tornare indietro, come tornare bambina, a quando mi preparavi il pane strusciato col pomodoro a merenda, a quando mi hai insegnato a giocare a briscola, a tutte le befane in cui ti nascondevi in fondo alle scale buie della cucina e facevi rotolare giù noci e nocciole e io correvo a vedere urlando "È la befana! È arrivata la befana!". E si affaccia un pensiero felice in mezzo alle lacrime. I miei ricordi e i tuoi ricordi, vivranno per sempre nel mio cuore, sarai sempre con me, sarai la mia adorata nonnina per sempre.
Il 13 agosto ci hai lasciato, ma stranamente non ero triste e mi sono trovata a pensare che a volte la vita è ingiusta ma altre no. Che dopo averti tolto due figli piccoli e un marito giovane, ti ha dato una vecchiaia serena circondata dall’affetto della tua famiglia.
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